martedì 14 marzo 2017

OLTRE LA GABBIA DELLA PAURA




Come nella vita è impossibile non comunicare, altrettanto è raro non provare emozioni. 
La vita è attraversata da espressioni emotive, di variabile intensità, la cui gran parte è riconducibile alle sei biologicamente definite come primarie: la gioia, la tristezza, la paura, la rabbia, la sorpresa e il disgusto. Ogni giorno, dunque, siamo portatori di emozioni, espresse o represse. Oltretutto, quando la nostra giornata scorre in modo tedioso, cerchiamo di superare la noia (quando è occasionale, si tratta di un malessere transitorio che produce un senso di vuoto che ha radice nella tristezza) dedicandoci alla lettura o alla visione di un film che stimoli una dose di adrenalina o di divertimento, oppure cullandoci nei sentimenti nostalgici richiamati da una fotografia ingiallita.  
Le emozioni sono dunque fenomeni psichici che sembrano involontari o apparentemente privi di controllo: in realtà, come sostiene D.J Siegel, professore di Psichiatria all'Università della California, le emozioni sono stati di attivazione psicofisici indotti da stimoli esterni e che coinvolgono l’organismo, influenzando il modo con cui elaboriamo le informazioni nell’attribuire significati a tutto ciò che accade e che ci coinvolge.

In questa occasione, tra le sei sopra citate, voglio accennare all’emozione della paura che ci mette in guardia da un eventuale pericolo e funge da campanello di allarme per la nostra sopravvivenza, al fine di tutelare la specie: ad esempio, se ci trovassimo di fronte ad un leone che ruggisce, potremmo reagire decidendo di affrontarlo (azione di attacco) oppure di fuggire a gambe levate urlando a più non posso (azione di fuga). La terza possibilità è che potremmo simulare la nostra morte (azione di resa) o svenire in preda al terrore perché raggelati, scoraggiando forse il leone dall’aggredirci ma, ahimè, non dal mangiarci, visto che in lui verrebbe sì meno l’istinto del gioco (mi diverto prima di ucciderti), ma non di certo lo stimolo della fame!
Fintanto che si tratta di un’emozione passeggera, quale reazione ad un pericolo reale, la paura è necessaria. Il problema sorge se diventa patologica e fobica, come il reagire impulsivamente di fronte a quelli che crediamo pericoli (ma non lo sono) o da ciò che non conosciamo e che pensiamo potrebbe avvenire (ma non è detto che avvenga) e che ci crea l’ansia anticipatoria.
Esiste una vasta letteratura psicologica sull’argomento, che vi invito a cercare e a leggere.
Voglio solo soffermarmi sugli aspetti più spirituali, cioè su quanto la paura possa essere di ostacolo alla crescita interiore per emanciparci dall’egoismo e trasformarci in persone virtuose e compassionevoli.
Roberto Assagioli, padre della Psicosintesi, citò cinque forme principali di paura, indicando persino i mezzi per superarle tramite metodi psicologici e metodi spirituali:
  • l’istinto di conservazione che si basa sulla paura della morte;
  • l’impulso sessuale che ci spinge ad unirci per paura della solitudine e della fine della specie;
  • l’istinto gregario che sorge dalla paura della divisione nell’uomo che cerca sicurezza nel gruppo;
  • la tendenza all’autoaffermazione che nasce dalla bassa stima di sé e dalla paura di non essere apprezzati e amati quanto meriteremmo;
  • la tendenza ad indagare per superare la paura del mistero e dell’ignoto.
Se ci soffermiamo su ognuna di queste forme, potremmo risentirne risuonare alcune dentro di noi: il ricordo di situazioni in cui le abbiamo provate dovrebbe indurci a fare una riflessione gentile su quali aspetti della nostra personalità è necessario porre più attenzione per guarire, con l’obiettivo di manifestare le nostre qualità intrinseche senza limitazione alcuna. E’ importante ricordare che la paura è una gabbia in cui è imprigionata la nostra energia vitale: dobbiamo uscire dall’ignoranza, riconoscendo le cause e le condizioni che la provocano, per non incorrere più nello stato di sofferenza che alimenta altre emozioni distruttive, come il disgusto o la rabbia, dannose per noi stessi e per le persone che ci frequentano (sull’argomento, vedi Liberarsi dal veleno della rabbia). 

Se ci rendiamo conto che la paura ci condiziona la vita attraverso le sue manifestazioni più gravi, come l’ansia ricorrente che può sfociare in attacchi di panico, è bene prendere opportuni provvedimenti e rivolgersi ai terapeuti qualificati in ambito psicologico per iniziare un percorso di guarigione.
Resta inteso che dal punto di vista spirituale, il cuore della pratica della consapevolezza risiede non solo nella meditazione, ma anche nell’osservazione quotidiana di ciò che avviene in noi, sia nel corpo che nella mente: il saper distinguere le emozioni, riuscire a identificarne gli effetti dentro il corpo e le ricadute nella realtà, ci invita a manifestare maggiore comprensione verso la sofferenza altrui, ci sprona ad essere più empatici proprio perché la coscienza di essere umani, e quindi imperfetti, allena una utilissima abilità nei rapporti interpersonali, cioè quella dell’intelligenza emotiva.

Su questo argomento (clicca sul link):

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